248/2017 – Avv. Coaccioli – GUIDA ALLA REDAZIONE DEI CONTRATTI INTERNAZIONALI, parte 1

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Scopo della Guida.

Per molti operatori economici attivi nel commercio internazionale – in particolare per quelli privi di formazione giuridica – la materia relativa ai contratti internazionali è, ancora oggi, un argomento poco conosciuto. Questa scarsa conoscenza della materia può avere, sul piano pratico, due conseguenze diametralmente opposte: una errata, l’altra pregiudizievole. Quella errata si manifesta quando l’esecuzione del contratto vada a buon fine senza presentare alcun elemento di criticità: perché, in tal caso, l’operatore è portato a credere che la materia relativa ai contratti internazionali non meriti affatto di essere approfondita. Quella pregiudizievole si manifesta invece quando l’esecuzione del contratto diventi problematica e sfoci in un contenzioso: perché, in tal caso, l’operatore scopre (quando ormai è troppo tardi) che una miglior conoscenza della materia gli avrebbe impedito di commettere l’errore che è all’origine della lite.

Dal momento che i meccanismi giuridici che regolano i contratti internazionali sono ben diversi da quelli che regolano i contratti nazionali (o puramente interni che dir si voglia), con la presente Guida intendiamo fornire a coloro che operano nel commercio internazionale senza una specifica preparazione giuridica una conoscenza, sia pure elementare, di tali meccanismi affinchè possano diventare capaci sia di individuare e risolvere da soli i problemi più semplici (come può verificarsi quando una bozza di contratto venga sottoposta alla loro attenzione direttamente dalla controparte straniera), sia di valutare con miglior cognizione di causa i suggerimenti del consulente legale specializzato in contratti internazionali al quale si fossero rivolti.

In questa prospettiva utilizzeremo un linguaggio semplice e di immediata comprensione, faremo largo uso di esempi concreti, eviteremo disquisizioni accademiche ed espressioni eccessivamente tecniche, ma non potremo esimerci – tutte le volte che ne ravviseremo la necessità – dal fornire anche quelle nozioni basilari di certi istituti del diritto privato la cui conoscenza è indispensabile per orientarsi in questa non facile materia. Ed i consulenti legali specializzati in contratti internazionali dovranno avere pazienza: poichè le informazioni contenute in questa Guida sono destinate non a loro ma, come si è appena detto, principalmente a quanti operano nel commercio internazionale senza una specifica preparazione giuridica.

Programma della Guida.

Dopo aver chiarito quando un contratto deve considerarsi “internazionale”, affronteremo il tema – delicato ma troppo spesso trascurato – della negoziazione dei contratti internazionali, richiamando l’attenzione sulle cautele più opportune da adottare in tale fase precontrattuale per evitare rischi ed inconvenienti indesiderati. Successivamente, oltre a fornire alcuni suggerimenti pratici in ordine alle migliori tecniche di redazione ed in ordine alle clausole tipiche che usualmente arricchiscono il contenuto normativo della maggior parte dei contratti internazionali, affronteremo i due problemi più importanti che sono comuni a tutti i contratti di questo tipo: quello della legge regolatrice del contratto e quello dei modi di risoluzione delle eventuali controversie.

Nozione di contratto “internazionale”.

Come si è anticipato, i meccanismi giuridici che regolano i contratti internazionali sono ben diversi da quelli che regolano i contratti nazionali. E certe problematiche – come, ad esempio, quella relativa alla legge regolatrice del contratto – riguardano esclusivamente i contratti internazionali e non anche quelli nazionali. Da qui la necessità di stabilire, caso per caso, se un determinato contratto debba essere considerato “internazionale” oppure “nazionale”. Anche se sembrerà paradossale, una definizione esauriente ed universalmente accettata di “contratto internazionale” non esiste. Così come non esiste nel nostro ordinamento.

Gli studiosi della materia ritengono che “internazionale” sia quel rapporto contrattuale non destinato ad esaurirsi, nei suoi elementi oggettivi o soggettivi, esclusivamente all’interno di un unico ordinamento statuale. Questa definizione – pienamente condivisibile – sul piano pratico comporta che un determinato contratto debba essere considerato “internazionale” in tutte le seguenti ipotesi:

  • quando fosse concluso tra controparti aventi nazionalità diverse;
  • quando fosse concluso tra controparti aventi la propria residenza o il proprio domicilio (se persone fisiche) o la propria sede legale (se persone giuridiche) in Stati diversi;
  • quando (seppur concluso tra controparti aventi la medesima nazionalità) debba essere eseguito in tutto od in parte all’estero, o abbia ad oggetto un bene situato all’estero;
  • quando (seppur concluso tra controparti aventi la medesima nazionalità) sia sottoposto, per concorde volontà delle parti contraenti, ad una legge straniera, ossia ad una legge diversa da quella vigente nello Stato di cui entrambi sono cittadini;
  • quando (seppur concluso tra controparti aventi la medesima nazionalità e seppur sottoposto alla legge vigente nello Stato di cui entrambi sono cittadini) contenga una clausola che attribuisca la competenza a risolvere le eventuali controversie ad un tribunale straniero.

Si tenga presente che, ai fini della distinzione tra contratto “internazionale” e contratto “nazionale”, il luogo di conclusione del contratto non ha alcuna rilevanza. Ne consegue che:

  • il contratto che fosse concluso tra due operatori italiani alla Fiera di Francoforte dovrà considerarsi “nazionale” (in quanto concluso, sebbene fuori del territorio italiano, tra soggetti della medesima nazionalità);
  • il contratto che fosse concluso tra un operatore italiano ed un operatore cinese alla Fiera di Francoforte dovrà considerarsi “internazionale” (in quanto concluso tra soggetti di nazionalità diverse);
  • il contratto che fosse concluso tra un operatore italiano ed un operatore cinese alla Fiera di Milano dovrà considerarsi “internazionale” (in quanto concluso, sebbene in territorio italiano, tra soggetti di nazionalità diverse).

La negoziazione: ovvero la fase precontrattuale delle trattative.

Mentre per i contratti nazionali questa fase ha una funzione unica, per i contratti internazionali questa fase ha una funzione duplice. Infatti, nei contratti nazionali questa fase ha l’unica funzione di consentire alle parti di valutare l’utilità dell’affare che intendono concludere, mentre nei contratti internazionali questa fase svolge l’ulteriore funzione di consentire alle parti l’acquisizione delle informazioni legali necessarie per valutare in quale contesto giuridico è preferibile che il futuro contratto vada ad inserirsi (in parole povere: da quale legge è preferibile che il futuro contratto sia disciplinato). Si tratta di una fase assai delicata in quanto, se non condotta in buona fede o se non condotta con la massima prudenza, è suscettibile di dar luogo a due differenti tipi di conseguenze indesiderate: quella di una responsabilità precontrattuale (se le trattative non fossero condotte in buona fede) e quella della conclusione di un contratto non voluto (se le trattative non fossero condotte con la massima prudenza).

Incorre in responsabilità precontrattuale quella parte che, nel corso delle trattative, non osserva l’obbligo giuridico di comportarsi secondo buona fede. Nella prassi del commercio internazionale le condotte che generalmente danno luogo a tale ipotesi di responsabilità (che, per i soli contratti “nazionali”, nel nostro ordinamento è disciplinata dagli artt. 1337 e 1338 cod. civ. ed in quelli stranieri da disposizioni più o meno simili) sono:

  1. l’abbandono ingiustificato delle trattative, quando queste abbiano raggiunto un tale stadio di avanzamento da ingenerare nella controparte un ragionevole affidamento circa la conclusione del contratto;
  2. la violazione del dovere, che fa carico a ciascuna parte, di informare l’altra dell’esistenza di eventuali cause d’invalidità del futuro contratto;
  3. la violazione del più generico dovere, che fa carico a ciascuna parte, di portare l’altra a conoscenza di ogni circostanza che potrebbe farle assumere un atteggiamento diverso in merito alla prosecuzione delle trattative (come, ad esempio, nel caso in cui una parte taccia all’altra che non ha più interesse a contrarre perché ha già raggiunto un accordo con terzi, o nel caso in cui una parte si addentri nelle trattative non con l’intenzione di concludere un contratto ma al solo scopo di carpire all’altra una determinata informazione).

Sempre nella prassi del commercio internazionale si ritiene che l’obbligo di buona fede non comporti, di per sé, né il divieto di recesso immotivato dalle trattative [a meno che non si ricada nell’ipotesi citata al precedente punto a)], né il divieto di condurre trattative parallele con terzi, né il divieto di formulare proposte inaccettabili. E per completezza espositiva vale la pena di segnalare che non integra una fattispecie di responsabilità precontrattuale nemmeno la divulgazione di notizie riservate che le parti si fossero scambiate durante le trattative: perché questa condotta, ove arrechi un danno ad una delle parti, ricadrà nella generica categoria di quei “fatti illeciti” extracontrattuali che in ogni ordinamento nazionale obbligano colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno (cfr. l’art. 2043 del nostro Codice Civile).

Nella maggioranza degli ordinamenti nazionali la responsabilità precontrattuale fa sorgere, in capo alla parte che abbia condotto le trattative in mala fede ed a favore della controparte danneggiata, obblighi di diverso genere quali:

  • l’obbligo di rifondere alla controparte danneggiata tutte le spese da essa sostenute durante il negoziato non andato a buon fine (studi di fattibilità, analisi di mercato, spese legali, spese di viaggio e soggiorno, ecc.);
  • l’obbligo di risarcire la controparte danneggiata per la perdita del lucro che essa avrebbe potuto conseguire da altri potenziali affari oggetto di specifiche trattative abbandonate per coltivare quella non andata a buon fine;
  • l’obbligo di risarcire la controparte danneggiata per i danni cagionatile dalla impossibilità di far fronte ad impegni presi verso terzi nella ragionevole aspettativa di un esito positivo del negoziato non andato a buon fine.

Come abbiamo anticipato, l’altra conseguenza indesiderata potrebbe essere la conclusione di un contratto non voluto. Questa ipotesi si verifica quando, nel corso delle trattative, una parte rivolga all’altra dichiarazioni (verbali o scritte) che la legge nazionale di quest’ultima considera impegnative e vincolanti a dispetto delle intenzioni della parte che le ha formulate. Si tratterà poi di stabilire se, alla stregua di questa legge nazionale, tali dichiarazioni abbiano dato luogo ad un contratto completo di tutti i suoi elementi, o soltanto all’obbligo di concludere un contratto il cui contenuto debba essere completato con i punti ancora in discussione. Resta il fatto che l’autore delle suddette dichiarazioni vincolanti si troverà, suo malgrado, a gestire o un contratto definitivo non voluto o un contratto preliminare non voluto: con l’ulteriore conseguenza che, qualora non dovesse adempiere alle obbligazioni nascenti ora dall’uno ora dall’altro, risponderà a titolo di responsabilità contrattuale e non a titolo di responsabilità precontrattuale.

Per limitare quanto più possibile il rischio di scivolare nel campo della responsabilità precontrattuale o di concludere un contratto non voluto, nel corso delle trattative i negoziatori sono soliti scambiarsi un documento denominato lettera di intenti (in inglese letter of understanding, in francese protocole d’accord). Si tratta di un documento che può presentare i contenuti più diversi e via via sempre più complessi: dalla semplice dichiarazione con la quale le parti si danno atto che è in corso una trattativa per verificare il reciproco interesse alla conclusione di un determinato contratto, alla dichiarazione con la quale le parti specificano che non intendono assumere alcun impegno sulla sorte del negoziato né alcuna responsabilità in caso di una sua eventuale rottura; dal reciproco riconoscimento della fase in cui le trattative sono arrivate, alla indicazione dei punti ancora da trattare accompagnata o meno dall’impegno di non rimettere in discussione quelli sui quali un accordo sia già stato raggiunto; dalla reiterata dichiarazione di voler conservare tutta la libertà di concludere o meno il contratto oggetto della trattativa, alla più impegnativa dichiarazione che il contratto in questione sarà concluso al verificarsi di una determinata condizione.

(il seguito alle prossime puntate)